Thursday, June 17, 2010

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Ithaca there



Review of "unessential Dublin, votive offerings are free." Sabrina Campolongo. Historica 2010 editions necklace Cahier Travel

Soteria Fornaro

incoherence everyday we live and suffer, in every situation, even in the literary, it is really an exception and set a comforting to know there is a refuge area in which our expectations will not be disappointed: the logic and coherent thought much, in fact, is the series 'Cahier travel' directed by Francesca Mazzucato, whose explicit purpose is not stated but tell of the places through the immediacy of the emotions of those experiencing them. It is, therefore, non-travel guides because the city (so far, Zurich, Milan, Dublin and 'frames' in Berlin, Palermo and Tel Aviv) in places and occasions are told that the usual tourist might miss without being afraid of having so lost a significant destination. This is not the writing of moods: the authors are astute observers of reality even in its folds, often painful social inequalities and customs, are immersed in the history of documentary and historical places with awareness. Yet even the most challenging political reflections are softened in a tissue narrativo studiato e estremamente accorto, in cui l’emozione individuale non scade mai nella banalità espressiva ma coinvolge con la sua stessa tensione, a volte straripante (come nel caso della Romanza di Zurigo), a volte invece misurata ma non per questo, anzi, proprio per questo, assai emozionante e latrice di intense empatie, come nel caso del Cahier di Sabrina Campolongo.

La misura è la cifra stilistica di questo ‘piccolo’ libro, ‘piccolo’ solo perché si tiene nei limiti di poche pagine, con una disciplina espressiva ammirevole e rara nel fare letterario contemporaneo, nel quale oceaniche correnti di parole scorrono non solo nella carta stampata, ma anche e soprattutto sul web, generando often dell'assaporare loss and aesthetic, as well as confusion about the meaning and concept of 'literature'. Sabrina Campolongo Dublin recounts some of his images, and images that proceed from a definition by negation of the city. Which is said to debut in a very lyrical, that the city is not: it is the ideal city of the author, is only one stage of his existential quest, is a love that gives confidence and to which we return, and which is still expected surges of passion, but above the improcastinabilità departure, separation, potential goodbye. Of course, the author lived through the city crossing i rivoli non usuali della propria formazione culturale (i libri e gli artisti che incidono a fuoco nell’anima), ma non per questo i luoghi le sono noti e perdono smalto per il loro continuo alludere a pagine stampate o a biografie eccellenti. Ogni erudita presunzione, ogni bagaglio libresco e professorale si disgrega nell’osservare due gay che si baciano con leggerezza, ad esempio, o nel godere come un’adolescente della birra scura dal sapore unico e legato all’occasione, o dal lasciarsi sfiorare da uno sconosciuto in una serata di musica che ricorda senza nostalgie l’adolescenza. La poesia delle piccole cose.

La Dublino di Sabrina Campolongo, il suo luogo dell’anima che non è affatto luogo d’elezione, a place of choice because there is indeed devoid of any nostalgia, is devoid of passion burning to consume is free from regrets and abysmal melancholy: it is balanced on a tightrope, which is that of writing thoughtful, measured, I repeat, studied in every adjective, not to be subdued without pathetic lack of pathos. A thread that requires an ability to balance is not normal, and that is always hovering over the abyss (more existential, I would say that literature). But the tension exercise artistic, and practice of life in balance, just in places that offer strong emotions, often lack even the limits of aesthetics, it takes the reader che divora le 47 pagine di questo taccuino non improvvisato, di questo diario rivisto con la lente d’ingrandimento di chi prima di dire, e prima di scrivere, anatomizza la propria anima. E’ questo un atto di grande rispetto anche nei confronti del lettore, che sente e comprende di leggere pagine sofferte, umanamente ed artisticamente, e non facili né tantomeno improvvisate. L’esercizio e la sua durezza è una lezione immensa, e oggi spesso dimenticata (anche dagli scrittori).

Ogni frammento negli otto capitoletti di questo cahier si legge e poi si rilegge, per rivivere la stessa suggestione ma anche per meglio penetrare nel tessuto delle parole attente: un’attenzione che riguarda anche i titoli delle singole sezioni (il più immediato: Anatomia di un’anima devastata). Misura, dunque, pacatezza, esercizio, passione trattenuta ma potenzialmente esplosiva, cura letteraria e cesello delle parole. Già solo per questo dovrebbe fissare occhi e mente in questo cahier chi Dublino ama, ma anche chi non la conosce affatto, ed anche chi non è interessato alla ‘letteratura di viaggio’: perciò , del contenuto, non voglio anticipare nulla. Perché l’emozione più viva e duratura il cahier – questo, ma anche gli altri della coerente collana – la riserva al lettore nel suggerirgli l’infinità del viaggio, la ricerca che non s’arresta: né in un luogo né nei volti amati e nemmeno nelle pagine che nutrono o nelle opere d’arte che svelano il mistero tremendo della ‘bellezza’ (quali immagini, in particolare di quali lettori, è bene che il lettore le scopra da solo).

Itaca, insomma, non esiste. Ma nella sua inesausta, desiderante ricerca la letteratura trova da sempre giustificazione e limite insieme.

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